santuario dei SS Vittore e Corona

Questa ipotesi troverebbe conferma nel fatto che Claudio, pur intervenendo nei percorsi transalpini già citati e provenienti dalla Valle d’Aosta (cioè quello per il Gran San Bernardo e diretto nella Vallis Poenina in Svizzera e quello per il Piccolo San Bernardo in direzione delle Alpes Graiae in Francia), tuttavia non aveva a nessuno di essi dato il proprio nome, a differenza di quanto aveva fatto in Italia centrale, dove chiamava via Claudia Valeria la strada costruita nel 48-49 d.C. da Cerfennia a Pescara sul Mar Adriatico, mentre denominava via Claudia Nova un nuovo e breve tracciato stradale del 47 d.C. che partendo dalla via Salaria toccava la medesima strada nel punto di confluenza del fiume Tirino con l’Aterno (ad Confluentes Aternum et Tirinum), dichiarando in tal modo il proprio personale interesse soltanto in alcune aree in cui la famiglia dei Claudii esercitava il proprio preponderante patrocinio.
Per quanto riguarda l’Italia settentrionale sono proprio la venetia e l’area interessata dalla via Claudia Augusta ad essere sentite come regioni sotto la protezione e l’attenzione della famiglia dei Claudii, perciò un intervento pubblicitario della medesima, con Claudio imperatore, un personaggio attento alla viabilità, non doveva assolutamente mancare in un’area critica ed importante per l’impero come era ormai ritenuta l’Italia nord-orientale. A questo punto sorge un problema in parte dimenticato da tanti studiosi, se cioè i due cippi celebrativi siano stati gli unici posti in opera oppure ve ne fossero altri. In realtà l’uno, di Cesiomaggiore, doveva, a nostro avviso, stare a Feltre o presso la città in un incrocio che dava su una via che percorreva la valle del Piave, l’altro di Rablà era posto probabilmente nella statio Ma(i)ensis (che stava non a Merano, come si va dicendo, ma più probabilmente a Tell/Toll, o meglio, a Parcines/Partschins), al confine fra la X Regio augustea e la provincia della Raetia. Tuttavia sulla scorta di altri esempi presenti in tutto l’impero (che per brevità dobbiamo tacere) è da credere che iscrizioni analoghe stessero lungo la via in vari punti critici del percorso, secondo una sequenza che partendo da Altino toccava Feltre, Trento, Pons Drusi, Rablà (al confine fra Regio X e Raetia), Augusta Vindelicum e il Danubio. I due capilinea (Altino e Danubio) probabilmente erano segnati non da

cippi celebrativi, ma da archi onorari (anche se con iscrizioni analoghe a quelle di Rablà o Cesiomaggiore): le tracce di uno, secondo il De Bon, sarebbero state individuate appena fuori Altino. Invece Trento, e Augusta Vindelicum (Augsburg) dovevano probabilmente avere cippi celebrativi simili a quelli di Cesiomaggiore e di Rablà.
Un secondo importante problema è costituito dal tracciato della via, non tanto nel tratto da Trento fino a Bolzano (Pons Drusi), e poi oltre per Merano, Passo Resia, Nauders, Tösens, Lermoos, Füssen, Augsburg (Augusta Vindelicum), Submuntorium per giungere infine al Danubio, quanto piuttosto nel tratto fra Altino e Trento, un percorso, quest’ultimo, esposto ad una incredibile e spesso insostenibile sequenza di ipotesi (a Trento giungeva pure un’importante diramazione padana che da Ostiglia sul Po toccava Verona risalendo la media Valle dell’Adige, una strada denominata, per comodità, ma senza alcuna prova, via Claudia Augusta Padana).
Per noi il tracciato sostenibile della via Claudia Augusta in questo settore sulla scorta delle precedenti argomentazioni (di difficile documentazione in poche righe, ma facilmente dimostrabili in altra sede) è questo: Altino, ponte sul Sile, Lagozzo  nel comune di  Roncade, guado  preparato sul