diramarsi verso il Grande e il Piccolo San Bernardo,
tutte strade a carattere internazionale, messe in opera da Augusto,
al fine di superare in vari punti il muro delle Alpi
e di consolidare la loro conquista da poco avvenuta, e allo scopo
di estendere con agilità e sicurezza il dominio romano
fino allalto corso del Reno e del Danubio.
Particolarmente interessanti per difficoltà, pericolosità
e situazioni di transito sono gli interventi operati lungo la
via romana per il Grande e Piccolo San Bernardo nel tratto accertato
tra Ivrea e Aosta nella valle della Dora Baltea. Essi possono
essere presi come esempio anche per indiretti confronti con la
via Claudia Augusta: lungo la valle abbiamo infatti un continuo
susseguirsi di ponti e di soluzioni tecnologiche che potremmo
definire davanguardia con costruzioni, muri
di sostegno, tagli nella roccia e una galleria messi in atto allo
scopo di non sollevare eccessivamente la strada e al tempo stesso
di non allontanarsi troppo dal vicino fiume dando indirette indicazioni
non solo sulle straordinarie capacità ingegneristiche del
genio militare romano di età augustea qui con ogni probabilità
operante, ma anche sulle modalità di conquista e di organizzazione
urbana e stradale dei territori conquistati, per cui vediamo intervenire
con importanti città lungo le vie allo sbocco delle valli
in pianura (Torino, Ivrea), mentre fortezze urbane di rilievo
vengono fondate nei pianori o negli slarghi di montagna soprattutto
se queste stanno agli sbocchi di valli secondarie percorse da
strade (Susa, Aosta). Alla luce di queste considerazioni e nel
medesimo contesto strategico e territoriale devono pertanto essere
lette le vicende costruttive, di percorso e di coordinamento urbano
fra Italia nord-orientale e il Danubio messe in atto dalla via
Claudia Augusta, non solo per la contemporaneità del suo
tracciamento iniziale, ma anche perché i più tardi
costruttori di età claudia (probabilmente appartenenti,
comera consuetudine, al genio militare romano) dovevano
provenire da una medesima cultura progettuale e tecnologica, la
quale, da quanto sappiamo (e al di fuori di certe specializzazioni)
era comune a tutte le legioni romane che operavano nellimpero,
e quindi i costruttori della nostra via alpina erano a conoscenza
non solo del normale assetto stradale da mettere in opera in territori
di
montagna, ma anche delle modalità su
come attuare un guado, un traghetto, un attraversamento di un
luogo umido ed acquitrinoso attraverso i pontes longi (cioè
combinando un terrapieno con strutture lignee più o meno
modulari), per non parlare dei ponti di galleggianti (barche o
navi), di legno o di muratura (pietra o mattoni).
Ora non molte sono le nostre certezze su questa importante via
alpina tracciata (probabilmente utilizzando in parte
precedenti percorsi locali) da Druso Maggiore su mandato di Augusto
intorno al 15 a.C. nel corso della campagna militare per la conquista
della Rezia e della Vindelicia, ma poi costruita più
tardi con modalità e infrastrutture regolamentari e definitive
dal figlio, limperatore Claudio, negli anni 46-47 d.C.
Innanzi tutto testimonianze indiscusse sulla presenza nel nostro
territorio di una via Claudia Augusta mostrano di essere due iscrizioni
su cippo cilindrico: una è stata scoperta nel 1552 forse
in situ a Rablà/Rabland presso Parcines/Partschins un po
ad occidente di Merano, laltra è stata individuata
nel 1786 a Cesiomaggiore, un centro a una quindicina di chilometri
a nord-est di Feltre, ed avevala funzione di sostegno della mensa
di un altare posto nella locale chiesa di Santa Maria Maggiore:
forse il loro testo, dettato nel 46 d.C. era in origine identico
a quello di Rablà, ma poi quello di Cesiomaggiore, perché
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